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sabato 17 Maggio, 2025

“Il debito comune è la prossima frontiera per rafforzare l’Europa”

“Il debito comune è la prossima frontiera per rafforzare l’Europa”

Speciale Europa. L’economista Leonardo Becchetti affronta il tema del futuro socio-economico del Vecchio Continente su In Piazza, l’intervista completa

Gli sconvolgimenti politico-economici di questi anni hanno messo a dura prova l’Europa e creato contrapposizioni tra stati membri ma anche tra l’Europa e il resto del mondo. Si sono creati nuovi equilibri politici e sono stati messi in discussione precetti sui quali erano stati fondati oltre 75 anni di storia dell’Occidente. Leonardo Becchetti, economista ed editorialista di Avvenire e del Sole24Ore, fa il punto sulle motivazioni che hanno portato alla nascita dell’Europa e su quali sono, oggi, gli elementi che possono rafforzare il ruolo politico e socio-economico del Vecchio Continente.

Qual è la situazione politico-economica dell’Europa in questo momento storico? Rispetto a 10 anni fa cosa è cambiato? E rispetto agli obiettivi che ne hanno determinato la nascita?

L’Europa è nata da un grande atto d’intelligenza relazionale. Ha capito dopo secoli di guerre che mettere assieme le risorse era la via giusta. Ha capito che uno con uno fa più di due e che uno contro uno distrugge valore (fa meno di due). Che l’integrazione è meglio della contrapposizione. È nata così la Ceca, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Oggi è il momento di fare un altro passo avanti nell’integrazione, quello del debito comune che a fine ‘700 per iniziativa del ministro dell’economia Hamilton segnò la nascita degli Stati Uniti d’America, integrando stati del nord e del sud”

Quali sono le aree in cui c’è maggiore integrazione tra gli stati membri dell’Unione?

“Sappiamo che l’Europa ha fatto un balzo in avanti sul fronte del mercato comune (libertà di scambi), dei movimenti delle persone e dei lavoratori e della moneta unica. Che ci ha consentito di avere una moneta forte e una Banca Centrale che gestisce la politica monetaria. Nonostante questo c’è chi per opportunismo politico fa leva sui malumori per ottenere un tornaconto elettorale, e sottolinea i presunti limiti della moneta unica. L’euro ci ha assicurato decenni di bassa o zero inflazione ed è un ombrello forte in periodi economici tempestosi come questo. È una sciocchezza pensare che la svalutazione del cambio usata in modo permanente avrebbe garantito la nostra competitività. L’Italia nell’era dell’euro ha rafforzato la propria forza di economia manifatturiera e non, ed è la quarta esportatrice nel mondo”.

Cosa dovrebbe fare l’Europa per sostenere le politiche economiche degli stati membri?

“Ripeto, è il momento del debito comune. Dopo l’unione monetaria possiamo e dobbiamo sfruttare la massa critica e il potenziale dell’Unione unendo i nostri debiti. Abbiamo sperimentato questo con il Pnrr e con la riassicurazione delle misure nazionali contro la disoccupazione (con il Sure). Dobbiamo ora farlo su più larga scala. Sfruttiamo a nostro favore le difficoltà del momento e rilanciamo il piano di difesa comune, che fu il sogno non realizzato di De Gasperi. Mettiamo assieme il debito non solo per la difesa ma anche per finanziare welfare, salute e istruzione”.

C’è qualche settore economico che ha sofferto di più a causa delle politiche economiche europee?

“Anche se la politica comunitaria è stata generalmente favorevole al libero scambio, alcuni settori sono stati protetti più di altri. È il caso dell’agricoltura, che ha costi meno competitivi rispetto a paesi poveri ed emergenti ma è stata protetta dalla politica agricola comune. Quindi ci sono settori che al contrario sono stati favoriti grazie alle politiche europee. Se c’è un elemento di svantaggio, sottolineato anche dal rapporto Draghi, è quello di un’enfasi eccessiva sulla competitività interna, che ha rallentato la nascita di grandi imprese europee capaci di competere con i giganti di altri grandi paesi”.

Quali decisioni strategiche, secondo lei, dovrebbe prendere l’Europa per reagire ai dazi americani, se verranno mantenuti?

“Dobbiamo resistere alla tentazione dei contro dazi. Dobbiamo fare de-escalation, abbassare e non alzare la tensione generata dalla guerra commerciale che Trump ha dichiarato a tutto il resto del mondo. I dazi danneggiano primariamente chi li mette (Trump è già dovuto tornare indietro su automobili, computer e cellulari perché le imprese nazionali gli hanno fatto capire che i prezzi per i consumatori americani sarebbero esplosi). Dobbiamo cogliere l’occasione per rafforzare i rapporti con altri partner commerciali (concludere l’accordo con il Mercosur e rafforzare la partnership con la Cina sulla transizione ecologica). E dobbiamo ‘votare col portafoglio’ per far tornare Trump a più miti consigli. L’85% dei Canadesi ha dichiarato, quando può, di non acquistare prodotti americani. Le vendite delle Tesla sono calate sensibilmente, la borsa ha perso molto terreno e i tassi dei titoli di stato Usa si sono impennati. La storia di questi giorni testimonia che il voto col portafoglio di consumatori e risparmiatori è il vero contrappeso per l’equilibrio dei poteri della democrazia”.

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