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'Ogni settimana in Italia ci sono piscine che chiudono'


Roberto Carboni, presidente di Nuova Cogisport, racconta i gravi problemi di un settore fondamentale per le persone, eppure ancora poco tutelato.

Lo scorso 6 febbraio sono rimaste chiuse, volontariamente, in segno di allarme e di protesta: sono le piscine, tra gli impianti sportivi più frequentati in Italia, tuttora in grande sofferenza. Ne parla Roberto Carboni, presidente della cooperativa Nuova Cogisport che gestisce vari impianti del territorio, tra cui quello di Faenza: “Da un lato, ci sono gli strascichi della pandemia: ingressi limitati, persone che per vari motivi non accedono agli impianti, incassi che scendono. Dall'altro, l'aumento sconsiderato dei costi delle utenze. Il risultato è che le piscine non ce la fanno più, ne chiudono due ogni settimana. A questo ritmo, dove andremo a finire?”.

Una domanda che avete posto anche al Governo…

“Esattamente. Il Coordinamento delle Associazioni dei Gestori Impianti Natatori è riuscito a creare coesione in un mondo che è molto frammentato, tra associazioni sportive, cooperative come la nostra, privati e Comuni. La protesta del 6 febbraio è stata molto partecipata, in Emilia-Romagna c'è stata un'adesione del 50-60%, in linea con quella nazionale. In Piemonte, in cui il movimento è attivo da più tempo, hanno raggiunto l'80%. Anche i Comuni sono al nostro fianco, spesso sono stati proprio i sindaci a movimentarsi”.

Potete fare qualcosa per arginare le difficoltà?

“Alcuni gestori hanno deciso di chiudere fino a maggio, per risparmiare sulle utenze e aspettare maggiori affluenze. Ma il nostro è anche un servizio alle persone, non possiamo farlo sparire di punto in bianco. In piscina ci si allena, vengono ragazzi con disabilità, i bambini che imparano a nuotare e tutti i cittadini che praticano questa attività sportiva. Sono servizi importanti per la comunità, vanno preservati. Altrimenti si privatizza tutto e si trasforma il nuoto in uno sport elitario, riservato a chi può permetterselo”.

Può dare qualche numero per avere un quadro più preciso?

“È presto detto: quest'anno a Faenza faremo 80-100mila euro di incassi in meno, e come noi anche le società sportive. Da ottobre i costi delle utenze sono più che raddoppiati, di questo passo anziché 180mila euro ne spenderemo 380mila. Le altre spese, dal cloro ai materiali per la manutenzione, sono aumentate del 10-20%. A fine 2022 stimiamo un gap dai 400 ai 500mila euro, a fronte di circa 60mila euro di ristorni finora ricevuti. Si fa presto a fare i conti…”

L'estate porterà miglioramenti?

“Le risorse che accumuleremo quest'estate saranno intorno allo zero, perché l'utenza elettrica estiva è molto elevata. Se non cambia nulla a settembre ci dovremo fermare. Ma fino ad allora faremo le cose nel modo giusto, mantenendo standard elevati di servizio, progettando miglioramenti, specie dal punto di vista energetico, e investendo. Per esempio, in questi giorni è partita la serie C di pallanuoto, un progetto che ha un costo importante ma che farà crescere lo sport sul territorio”.

Che tipo di risposta vi aspettate dalla politica?

“Sostegni seri, utenze calmierate, credito di imposta. Con un ristorno di 20mila paghiamo un mese e mezzo di gas, se invece riducessero l'Iva al 10%, come per certi parchi acquatici, una piscina come la nostra risparmierebbe 50-60mila euro. Ma più di ogni altra cosa serve visione. I costi dell'energia ricadono su ogni cittadino o impresa, sono una questione geopolitica. Ma i problemi delle piscine noi li evidenziamo da un anno e non siamo stati mai ascoltati Questo ci fa male, è frustrante. Ma chi si ferma è perduto, per cui continueremo a fornire il nostro servizio, che è fondamentale, confidando che ci mettano nelle condizioni di poter proseguire”.


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